Oltre i confini del viaggio...

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Volo Emirates Dubai - Milano veduta dall'alto

…oltre il suo significato

E’ passato del tempo, era gennaio, ma la giornata in cui scrivo, un venerdì di maggio dal meteo estemporaneo al mese in cui siamo, mi riporta indietro nel tempo, a quel viaggio che non è stato un viaggio.

Ma andiamo per ordine. 

Era gennaio, e questo lo sappiamo, perché quasi ogni giorno le storie postate su Instagram scandivano il mio conquistato temporaneo trasferimento, dopo mesi di presidio del territorio in cui vivo, meta prediletta di turisti d’ogni dove chiamati a ricevere l’energia di cui le mie lezioni erano il tramite.

Doveva essere la mia sospirata vacanza, immaginata su una spiaggia bianca, assaporando un calore del sole non presente in Italia nel periodo invernale.

 

Ma poi qualcosa cambiò, d’improvviso, senza chiedere il permesso e dopo mesi di voli pindarici tra un mare esotico e l’altro, mi trovai con un biglietto per New Delhi in mano, anzi, sull’APP di Emirates e un visto turistico di 30 giorni per l’India sulla mail.

 

L’India, la mia terza volta là, ma la prima per un corso di formazione, che, per rimanere in termini di triadi, era anch’esso il terzo, ma il primo in India.

 

Per aggiungere un po’ di pathos al tutto, o voi che forse tanto amate viaggiare se dal titolo di questo racconto siete stati catturati, vi ricorderete quel formicolio alle ali tarpate della loro naturale libertà di volare lontano, senza impedimenti, durante quel periodo in cui il confinamento era forzato tra le mura delle nostre case, per poi pian piano allargarsi, ma senza andare oltre le frontiere, seppur convenzionali, della nostra nazione. Ecco, quei famosi confini non li varcavo da inizio 2020!

 

 

Rishikesh old town

Quindi dicevamo, terza volta in India, sarà forse il caso di iniziare a dire qualcosa di questa terra, visto che al momento non ci siamo ancora mossi di un cm.

Rishikesh Ganga River Lakshman Jhula

Un paese di contrasti, dicono che puoi amarla oppure odiarla.

Io credo sia possibile provare entrambi i sentimenti contemporaneamente.

Vi è qualcosa di lei che mi attrae, qualcos’altro che me la rende insopportabile.

Inoltre, parlare del paese India è una limitazione ed un contrasto nella definizione della parola stessa. L’estensione geografica che copre, la sua biodiversità naturale, climatica ed etnografica, la ricchezza di storia, cultura la rendono più un continente, unito tuttavia in quella stravagante e continua lista di contrasti.

Rishikesh Ganga River Ashram monk

E quindi, se decidi di andarci significa, che quei contrasti sei disposto ad affrontarli. Significa che quelle contraddizioni si sentono autorizzate ad infastidirti, a punzecchiarti, ad irritarti.

E allora perché decidere di recarsi in un luogo che provoca queste sensazioni apparentemente negative, anziché accomodarsi tra le braccia del benessere? Perché sfidare difficoltà quando la vita quotidiana ce ne offre già a sufficienza?

Beatles Ashram Rishikesh

Sono tutte domande lecite a cui possiamo decidere di non dare una risposta, cercando appunto nella comodità la soluzione più semplice e ragionevole. La comodità non è fisica, s’intenda!

Oppure si può decidere che la spiaggia bianca ed il sole caldo possono attendere, così come il tanto anelato riposo e seguire quella chiamata verso il Nord del subcontinente citato, dove il Gange è vicino alla sorgente, lo si intuisce dal colore ancora innocente delle sue acque, delimitate dal disegno di morbide colline, in un paesaggio che dal punto di vista naturalistico ha poco di esotico per chi vive sulle sponde del lago di Como.

E nemmeno molto esotica era la temperatura al mio arrivo; più che dell’aria fredda che la sera spirava dal Gange,  mi riferisco a quella intrappolata dai muri della scuola, priva di riscaldamento e che mi avrebbe ospitato per tutto il mese.

Si, io, che non ho mancato un anno della mia vita alla ricerca del caldo nelle mie vacanze…fatta eccezione quella mal trovata idea della Valle D’Aosta in settembre nel lontano 1990.

Io, che soffro di geloni alle mani e ricerco il beneficio del mare come la rondine rincorre la primavera.

Quel gelo era davvero inaspettato e la prima reazione è stata la rassegnazione. Anzi, la seconda, perché la prima una tentazione di fuga verso il focolare.

Ebbene, quante volte ci rassegniamo a qualcosa che non ci va esattamente a genio, sopportandone il peso con creduta impotenza?  O ancor peggio, quante volte ci lamentiamo di qualcosa che vorremmo cambiare, ma senza muovere un dito per promuovere il cambiamento desiderato?

Oppure ci poniamo all’azione, ma solo con la mente, senza metterci il cuore, né tantomeno l’anima e ci demotiviamo alla constatazione che il cambiamento non è in atto, dubitando sulle nostre capacità di generarlo.

Rishikesh donna anziana panni stesi muro

Ecco che quindi occorre scendere dalla poltrona della comodità, uscire dalle abitudini mentali e lasciare che qualcosa cambi il nostro punto di osservazione. Serve che qualcosa scuota fortemente il nostro spirito, le nostre ali per vedere più chiaramente, per sentire più profondamente.

Ecco che allora quel freddo era solo un inizio, era quell’ago che andava a pungere l’ego di chi nel corpo si immedesimava, era il primo di quel gioco di specchi che messi a confronto permettono di vedere più in profondità, come nelle grotte di carta-roccia nei presepi.

Per questo ero lì in quel momento, per questo sono rimasta lì un mese. Un mese intenso di studio del corso avanzato che stavo seguendo, un mese in cui l’enorme acquisizione cognitiva è stata solo un’infima parte dell’immensità della conquista spirituale di un percorso iniziato nel 2012 e che non ha fine.

Non sono qui a raccontare per filo e per segno la programmazione di quelle giornate che iniziavano alle 4:30 con la meditazione del mattino e terminavano alle 22:00 della sera dopo i canti che rintoccavano l’ora del sonno, né per delineare la caratterizzazione dei personaggi che hanno fatto da attori in questa scenografia, più o meno protagonisti. Nè delle avventure vissute ogni domenica, unica giornata fuori dalle aule e dai libri.

Non parlerò delle lezioni di filosofia, tenute da quel professore astrologo il cui aspetto non avrebbe ingannato alcuno sul ruolo che ricopriva, per quell’aria di saggezza vestita di abiti tradizionali; né farò risuonare le risate emerse durante le ore di anatomia in compagnia dello scheletro onnipresente; pare un controsenso divertirsi nello studio dell’anatomia, eppure con quel professore dall’aria delicata quando femminile che utilizzava lo schermo del proprio cellulare come lavagna tutto diveniva possibile!

Non approfondirò l’alternarsi degli stili delle lezioni fisiche di yoga né di quelle, a sorpresa, della danza.

Potrei allora parlare del suono delle cerimonie di cui i bracciali di stoffa ormai sfilacciati al mio polso ancora conservano l’eco.

O forse preferireste leggere di come fosse possibile camminare su strade parzialmente asfaltate, ammirando gemme ed amuleti di ogni genere nelle vetrine dei negozietti che le costeggiavano, insieme agli escrementi delle mucche che passeggiavano indisturbate.

O di quale ingegno fossero frutto i ponti sospesi e ballerini che congiungevano le due anime della città di Rishikesh, quella più commerciale e quella più spirituale. Che percorsi a piedi insieme ad almeno altre mille persone contemporaneamente, mentre motorini in corsa verso chissà dove sfrecciavano senza annunciarsi a destra o a sinistra, creavano impassibilità al pericolo.

In questa apparente frenesia il tempo scorreva lento, scandito da canti e suoni onnipresenti provenienti dai templi, mentre orde di folle si recavano alle cerimonie sacre sul fiume, a piedi scalzi, sotto gli occhi scrutatori di scimmiette alla ricerca di una noce di cocco da rubare.

Rishikesh spremitura canna da zucchero Ganga River

Ma non parlerò di tutto ciò. Vorrei in questo breve racconto lasciare solo uno spunto di riflessione, dicendo che quando arrivai in quella scuola di Rishikesh era il picco dell’inverno, quando la lasciai era primavera.

Ed ogni fatto accaduto tra il capo e la fine di questa esperienza è stato un elemento di trasformazione, dall’inverno alla primavera.

In un viaggio che è stato ben più di un viaggio.

In un viaggio che allo stesso tempo non è stato un viaggio perché è stato come ritrovare casa.

Arrivai che era buio, tornai che era luce.

Il viaggio di andata ancora me lo ricordo interminabile, scomodo, affollato, caotico, timoroso.

Il viaggio di ritorno leggero, aperto, sorprendente, spazioso, sicuro.

Quella seconda fila di sedili vuoti che mi consentiva di allargarmi accanto al finestrino, seguendo la corsa dell’aereo da sud a nord, da est a ovest. Quella corsa da così in alto era libera, leggera, luminosa, svincolata dallo spazio, dal tempo, dai confini.

In quella corsa, a guardare bene, ci siamo noi tutti.

Testo: Elena Gaietta

Foto: Elena Gaietta

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